SAPONE

CRITICA - settembre 15, 2005 - 0 Comments

Con plexiglas, coltelli, tableaux pubblicitari e con

il suo stesso corpo, l’artista Paolo Bielli (eclettico

al punto da non poter essere definito solo pittore, o

solo scultore, o solo performer), nella sua

mostra-allestimento-performance, costruisce con

sapiente malizia un itinerario della mente e dei sensi

nello sgomento della bellezza e in quello della sua

spettacolare celebrazione odierna: la pubblicità.

Come su un set dove si gira uno spot per vendere

saponi e profumi, sollevata una tenda di plastica,

l’artista si denuda, si lava, si profuma, si riveste,

si dà e dà le sue opere come se fossero merci da

pubblicizzare per sedurre all’ acquisto.

Ma come in un’ antica vanitas, crepe di malessere e

fenditure di angoscia si aprono inaspettate. Così se

le bolle di sapone sono la speranza rinnovata di ogni

giorno di un’ infanzia innocente, i bambolotti

trafitti ossessivamente nella testa o le

belle ‘dames sans merci’ della pubblicità, assicurate

da scie di puntine di metallo, sono al tempo stesso

gioco e specchio della nostra inquietudine.

La sensualità straziata diventa preghiera, nostalgia,

ossequioso ‘que reste-t-il des nos amours’ e gli

spettatori sono invitati a perdersi nei profumi.

 

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