paolo bielli – fabio benzi

CRITICA - aprile 22, 2019 - 0 Comments

Le opere di Paolo Bielli hanno una costante visiva decisamente neo-pop, cioè in quella direzione di immaginario allusivo della generazione post-warholiana che rende introversa e anche autobiografica la cifra nitida e stagliata delle forme architettoniche, grafiche, pubblicitarie, di design, diffuse nei dettagli delle metropoli, umanizzandole però e quasi riappropriandosene psicologicamente. A queste forme egli lega sempre un’allusione spesso esplicita alla mutilazione, al taglio, al feticismo, ma in forma anch’essa umanizzata e poeticizzata. Non sfuggono a questa costante neppure le ultime pitture, scevre dagli oggetti taglienti e appuntiti che le caratterizzavano finora (coltelli, puntine, in cui il colore brillante della plastica addolciva e rendeva giocosa la minaccia tagliente del metallo cromato): le immagini di tronchi contorti e tagliati, mutilati anch’essi ma sempre vogliosi di rigerminare dalle loro contorsioni.
Fabio Benzi

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